Racconti

Cento sere di ieri (di M. Caporaletti)

Ospito con piacere sul blog un post non mio. L’autore non ha (ancora) deciso di aprirsi un suo spazio virtuale, ma chi segue gli EDS della Donna Camèl ha già potuto leggere un paio di suoi racconti.

“Cento sere di ieri” è storia di vita all’estero, di ritorni in patria e di frammenti di città. La musica gli fa da sfondo, perché chi quella città la conosce sa che non potrebbe essere altrimenti. Il jazz a Graz è un’atmosfera, un modo di condividere, di comunicare tra una neve e l’altra.

Il racconto ha quasi due anni, ma il permesso per la pubblicazione è arrivato solo oggi. Grazie a Marco e grazie a voi.

Cento sere di ieri – 5/12/2012

Sei appoggiato con le spalle al muro. Il muro di fronte a te non è continuo, parte con un metro di legno, poi una linea di vetro attraverso cui guardare fuori e poi di nuovo legno fino al soffitto. Fuori vedi gente che passa veloce e infreddolita e non riesci neanche a capire se siano uomini o donne, sono solo figure scure avvolte in sciarpe e cappotti. Ogni tanto passa una macchina. Oppure un tram. Ma tu non li senti, perché la sala in cui ti trovi è completamente insonorizzata, il mondo è fuori e puoi solo vederlo. Percepisci solo quello che succede dentro al guscio in cui ti trovi, un guscio con trenta, forse quaranta persone delle quali ne conosci una buona metà now we’re gonna play. Sono tre anni che ormai non fai altro che ascoltare musica e seguire i concerti gratuiti dei tuoi amici, la maggior parte delle volte sono ore di improvvisazione: batteriabassopianoforte, oppure batteriabassosassofonotromba o persino solo batteriatromba; due parole per decidere il tema ehi man, which one? e poi giù a suonare finché non se ne può più o finché non si trova un sostituto what the fuck I’m the only drummer here?. Altre volte, come questa, invece si vede che si sono preparati per settimane, che è un concerto ben strutturato. Questa è la piano-night let’s introduce the band, sei nella sala dove solitamente si  fanno i concerti ufficiali degli allievi della Kunstuniversität. Niente di serioso, nessuno ha la cravatta, ma si vede che chi suona at the drums non è lì solo per divertirsi e che ci tengono a fare bella figura. Tu guardi fuori e vedi solo at the double-bass freddo, sai che il tuo posto è lì dentro e la musica inizia: sei nel posto giusto non devi fare altro che prendere la tua birra ed ascoltare. Stavolta è pianocontrabbassobatteria, nudi, senza amplificazioni, che quella sala è fatta apposta. Il legno alle pareti non è un vezzo, serve per il suono, e le note docilmente rispondono e rimbalzano one  two ah ah, puoi quasi vederle e puoi quasi tentare di dare loro un nome: crome? semibiscrome? C straight? ormai è passato troppo tempo e forse non sei neanche più capace a leggerle. That was a tune by  ora non guardi più fuori, pensi e  senti solo i tuoi amici turchi, serbi, brasiliani e italiani che si rovinano i polpastrelli su tasti e corde. Guardi i riflessi di luce del contrabbasso e i piatti che vibrano ad ogni colpo, il pianista che stasera comanda, è la sua sera, e detta il tempo delle improvvisazioni. Ne hai passate cento di sere come questa tonight we heard e speri di sentirne altrettante, ma sai che non sarà così. È il tuo ultimo concerto e te lo vuoi godere thanks to everyone perché sai che, se va bene, il prossimo sarà tra mesi, e quello dopo ancora forse non ci sarà neanche: è già mezzanotte e questa sera è già quella del giorno precedente.  Quindi dopo gli applausi ti alzi e vai a salutare e congratularti hey man, you’re tune was amazing perché hanno suonato davvero bene. O forse no, ma non ti importa, non fai caso alle questioni tecniche you know, I’m not an expert tanto loro hanno sempre qualcosa di cui lamentarsi no, man, I didn’t play so well e tu non puoi capirli fino in fondo. Perché anche se ti senti a tuo agio sai che non è casa tua. Let’s go outside stavolta offri tu, il primo giro è il tuo, si deve fare così quando si saluta drei grösses Bier, bitte e il brindisi stasera è un più malinconico che goliardico. When will you leave, man? saluti gente che hai conosciuto bene e anche qualcuno che hai visto solo una o due volte e chiacchieri persino con un professore mentre cerchi di non tossire per il fumo. Perché nella civile Austria will you miss this city? i pub sono ancora pieni di nebbia, senza separazioni tra fumatori e non ed ogni volta che torni nel tuo appartamento hai bisogno di una doccia per te e di una lavatrice per i tuoi vestiti no, but I’ll miss the jazz. Quanti sono tre anni? Tanti? Pochi? Forse entrambe le cose: sei partito un secolo fa, ma sono passati veloci, three years? Are you kidding? come se fossi rimasto chiuso in quel guscio fatto di legno e musica dove in quelle cento sere ti sei sentito tanto a tuo agio. Ma non vedi l’ora di tornare nel tuo mondo, perché le sere saranno anche state belle, ma i giorni no. Il tempo e la vita non sono fatti solo di pochi momenti e quella in cui sei stato nei tuoi ultimi anni decisamente non è casa tua. Hai conosciuto centinaia di persone ed ascoltato migliaia di ore di jazz, ma sai che non puoi vivere di musica ancora per molto. Soprattutto perché sai di non saper suonare.

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7 pensieri su “Cento sere di ieri (di M. Caporaletti)”

  1. Due anni a sedimentare, questo racconto. Non so se per te è come il vino e aveva bisogno di riposare, ma a me pare buono, lo sarebbe stato anche due anni fa. Aspettando il tuo blog, Marco

    1. Penso sempre che sarebbe potuto andare peggio: pensa se avesse sedimentato come un buon whisky…saremmo stati decenni ad aspettarlo :)
      Per quello che riguarda espressamente il racconto, lascio la parola all’autore: io sono di parte :)

    2. Sono un geologo, quindi TUTTO deve sedimentare, anche le crescentine! Per il blog i tempi saranno misurabili in eoni…Grazie per il commento e a presto!

  2. un bel racconto che esprime un punto di vista, quello di un espatriato che ha vissuto una bella esperienza, ma è felice di tornare alla realtá, quella delle giornate intere e non solo dei concerti. Bel pezzo.

    1. Sono stato espatriato per caso, ho iniziato a seguire concerti e jam sessions per caso e tornando a casa da quella che pensavo fosse la mia ultima serata in musica ho iniziato a raccontarmi questa storia che poi ho scritto quasi di getto. Sono contento che ti sia piaciuta!

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