Attualità

C’è di mezzo il mare

Ho incontrato donne che in patria dormivano con il coltello sotto al cuscino per paura dei mariti violenti. Qualcuna di loro è laureata in medicina e lavora qui come badante. Altre hanno studiato ingegneria e condividono una casa a Roma con altre donne.  Sono colf, e con quello che guadagnano ci pagano l’affitto di una stanza in periferia e la scuola ai figli, a migliaia di chilometri di distanza. Spesso sono divorziate.

“Le colf non dovrebbero nemmeno avercelo, un contratto”

Ho incontrato bambini che non sarebbero mai voluti partire. Alcuni sono qui con un genitore solo, l’altro è rimasto in patria: sanno già che rivederlo sarà molto difficile. Qualcuno invece qual è il suo paese di origine non lo ricorda nemmeno più, perché quando è scappato dalla guerra era troppo piccolo, e ora vive in una casa famiglia gestita da suore.

 “Io mio figlio in quella scuola lì non ce lo mando, sennò mi resta indietro”

Ho incontrato registi, attori, professori di diritto internazionale che lavorano come domestici nelle case di ricche signore dell’alta borghesia romana, che gli danno del tu e si arrabbiano quando sbagliano la cottura delle zucchine o comprano la marca di acqua sbagliata.

“Quello non capisce mai niente quando parlo”

Ho conosciuto chi mi ha detto che i suoi amici presto si imbarcheranno verso l’Europa. Sanno di rischiare, ma ci provano lo stesso, perché almeno quella nel Mediterraneo è una morte incerta, mentre morire in patria è solo questione di tempo.

“Fanno bene negli altri paesi: gli sparano addosso prima di farli arrivare a riva”

Sono fortunata a conoscere la parte “buona” dell’immigrazione, quella che lavora, che si integra e che in parte spera anche di poter tornare in patria un giorno. Non sono così sciocca da pensare che non esista il suo contraltare: oh, se esiste. Esiste, prospera e fa affari con quello locale.

“Questi vengono qua perché sanno che se rubano nessuno li mette in galera”

Io la ricetta dell’accoglienza non ce l’ho. Non ho in mano la soluzione che ci permetta di vivere tutti felici in questo paese sfasciato, autoctoni e “ospiti temporanei”. C’è chi parla di rimpatri, chi di apertura delle frontiere. Alcuni profughi hanno ripopolato paesi quasi disabitati e hanno ripreso in mano le professioni artigiane che i giovani avevano abbandonato trasferendosi in città e scegliendo una vita diversa.

“Già abbiamo tanti problemi in Italia, ci mancano solo gli immigrati”

Gli immigrati li incontri tutti i giorni nelle strade e sui mezzi pubblici, e finché non gli dai un volto sono estranei, scioperati, probabilmente delinquenti. In tempi di difficoltà economica è facile individuare i Nutzlose Esser, i mangiatori inutili. Perché chi viene in Italia stipato su un barcone per restarci un tempo indefinito, mangia inutilmente risorse. A te non danno un mutuo, ma loro vivono in un centro di accoglienza. Per te non c’è un lavoro, ma per recuperare la gente in mare vengono stanziati fondi a profusione. Il business dell’immigrazione è cosa seria: così mi dicono quelli che la sanno sempre più lunga di me.

“Quelli i soldi ce li hanno! Lo sai quanto costa pagare uno scafista?”

I numeri di Internazionale dell’ultimo anno erano pieni di reportage sulle famiglie in fuga dai paesi del Mediterraneo. Spesso si imbarcano famiglie come la mia. Studenti universitari, padri ingegneri, mamme impiegate. Fidanzati, fratelli. Si imbarcano pure i delinquenti, certo, perché nel mucchio mica possono essere tutte brave persone, ci mancherebbe. Ma anche se fossero tutti delinquenti, è un motivo sufficiente per volerli vedere morti? Per giustificare i morti?

“Le brave persone in Italia ci arrivano con l’aereo”

Io non so cosa succederà negli anni a venire: per quel che ne so fra dieci anni in Italia potrebbe scoppiare una guerra civile e potremmo essere costretti ad imbarcarci anche noi. Potrebbero chiudere le frontiere, ed ottenere i documenti per l’espatrio potrebbe non essere così semplice. Oppure alcuni paesi potrebbero decidere che noi italiani non siamo graditi, e rifiutarci solo perché tali.
Chissà. Le strade della diplomazia internazionale sono imprevedibili.

“I migliori sono i filippini: quelli di solito non danno problemi”

Io quello che succede nel Mediterraneo tutti i giorni lo elaboro così: mettendo la mia famiglia su un barcone tra dieci anni, e provando a pensare a cosa significherebbe. E tutte le volte che lo faccio ho paura, una paura tremenda. E non riesco a giustificare un bel niente.

Tutto quello che mi auguro, se mai dovesse accadere per davvero, è di trovare dall’altra parte, ad accogliermi, degli esseri umani. Davvero umani.

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16 pensieri su “C’è di mezzo il mare”

  1. Belle parole Veronica. Dai giustizia agli immigrati. La questione non è facile. Anch’io vorrei ospitare tutti quanti, ma poi la realtà in Olanda è difficile (come sai dalle mie storie in un quartiere multi-etnico, di recente per esempio questo ancora:http://sottoillivellodelmare.wordpress.com/2014/09/13/la-differenza-fra-persona-e-cultura/ ). Mia sorella abita a Londra e mi descrive una realtà diversa, dove è più accettata la diversità. Ma anche lì sono i studenti di Eaton quelli che fanno più carriera.

    Un giorno ho scritto un blog su una signora delle somalie a chi davo lezione di olandese. Dopo mezz’anno ho deciso di smettere di aiutarla. Lei era molto lenta ad apprendere persino le lettere dell’alfabeto ed era chiaro che non avrebbe mai passato l’esame di lingua olandese che in Olanda è obbligatoria per ottenere il permesso di soggiorno. Mi sento in colpa. Ma io non ho quella perseveranca.

    Mi sento in colpa, perché le possibilità dovrebberono essere iguali per tutti (almeno un po) nella vita. Ma la realtà è diversa.

    Mi piace sempre leggere tue storie positive di culture diverse nella tua città, Roma. Conosci il blog http://www.yenibelqis.wordpress.com? Penso che ti piacerà…. cari saluti…

    1. Ciao Lotje! Capisco quello che intendi: l’integrazione è cosa lunga e complessa, e non voglio certo banalizzarla o dipingerla come qualcosa di semplice o immediato. Probabilmente in Italia viviamo maggiormente questo fattore proprio per la “spettacolarità” degli arrivi, e il caso di Lampedusa ne è un esempio (in Europa si è iniziato a parlare più seriamente del problema solo un anno fa, anche se le modalità di immigrazione dal mare sono da sempre le stesse). Ovviamente, strumentalizzazioni su ogni fronte e commenti da bar sono dietro l’angolo ogni giorno: è difficile guardare le cose con occhi sereni e sguardo distante, specie quando l’economia è tutto meno che fiorente, e gli stessi italiani se la passano piuttosto male.
      Non devi sentirti in colpa se non hai aiutato una persona a cui non potevi dedicare energie: non è giusto che il volontariato debba prendersi costantemente carico delle difficoltà e farlo in solitaria. Può essere un sostegno, ma è lo Stato a dover intervenire. O almeno, dovrebbe esserlo.
      Ripeto: non ho soluzioni alle tragedie e non voglio fare la morale a chi la pensa diversamente da me, ci mancherebbe. Ogni opinione è legittima. Ci sono argomenti scottanti per cui guardare le cose con distacco è complesso, si fa fatica ad immedesimarsi nel prossimo (pensa all’onnipresente dibattito sui diritti civili…), eppure è quella la chiave di tutto. Se di fronte a centinaia di morti in mare non si riesce neppure a prendere respiro e a pensarsi al loro posto, significa che qualcosa non va. Ecco: io invito solo a provare a farlo per un momento. Oggi siamo nella parte “fortunata” del mondo, pur con tutti i pro e i contro, ma domani tutto potrebbe cambiare. E se così fosse – secondo me – a salvarci può essere solo l’umanità “altra da noi”.
      Un abbraccio e grazie per la segnalazione!

      1. È vero. Sai, qualche tempo fa ho letto un articolo scientifico, ma anche di opinione sui cinesi che ospitano africani in loro paese. Era molto interessante, perché lì gli africani sanno contribuire alla economia e sembrano davvero integrarsi con la società cinese. Sia che le differenze sono meno grandi tra cinesi e africani? Non lo so, ma l’incontro tra quelle culture è più diretto allo scambio ,allo economia che invece da noi dove la gente si preoccupa di perdere quello che ha.

  2. “alcuni paesi potrebbero decidere che noi italiani non siamo graditi”. Mio padre nel 66 partì per la Svizzera come migrante lì “mi trattavano come oggi noi trattiamo loro”…. basterebbe un po’ di memoria, se scarseggia l’umanità

    1. Come dicevo anche a Pendolante, spesso tendiamo a dimenticarlo. Eppure in quasi ogni famiglia c’è almeno un parente emigrato in Svizzera, in America o in qualche altra parte del mondo, in tempi in cui questo paese non se la passava troppo bene.

      1. Ma anche semplicemente dal sud al nord dell’Italia e non venivano di certo trattati con i guanti. Che tristezza.

  3. Buongiorno ai lettori di questo blog.

    Premetto che io non sono un fautore dell’accoglienza ma non sono nemmeno uno che urla “fora de ball”. Cerco di ragionare prendendo informazioni attuali e storiche e valutando con le mie capacità.
    Questo può portare ad errori di valutazione ma se non altro è genuino. E comunque sono sempre per il dialogo che è l’unica via per trovare le migliori soluzioni. Per questo intervengo qui dove trovo un clima diverso dai miei pensieri ma sempre utile per migliorarsi.

    Bruno

    ….pochi giorni fa una mia amica blogger (Maria Rosaria, puoi cercarla) ha pubblicato un post inerente la decisione di quel preside che voleva impedire di fare il presepe in classe per rispetto dei bambini extracomunitari. Ne è nata una discussione e io ho scritto la mia riflessione. Anzi ne ho scritte più di una.
    Prima di riportare qui di seguito uno dei miei interventi e dopo aver letto il tuo di post mi viene da pensare che il problema sia causato più dalla religione che dalla nazionalità. Insomma, un ingegnere siriano o libico sarebbe un ingegnere anche in Italia solo che la sua fede (mussulmana come nel 90% degli immigrati che vengono in Italia) gli distorce la realtà e a volte indirizza il suo comportamento rendendolo ostile o quanto meno sospetto agli occhi degli italiani.
    Se non ci fosse questa dualità dell’essere umano (la parte civica e la parte spirituale) che motivo avremmo di non accettare uno straniero nel nostro paese? Non ci fa paura il siriano o il libico o l’albanese; la paura è del mussulmano.
    Del perché questa fede sia così “invasiva” nelle menti dei suoi fedeli e nel comportamento verso chi è “infedele” possiamo avere tanti pareri ma probabilmente uno dei più veri è che essendo essa nata nel 632 questa fede ha, di fatto, circa sette secoli meno della cattolica. Qual era il modo di comportarsi di un cattolico sette secoli fa? Inquisizione, oscurantismo, persecuzioni varie……non notate una certa somiglianza?

    Bene, detto questo ti incollo il mio intervento nel post di Maria Rosaria. Certo qui è estrapolato dal contesto e quindi ti invito a leggerlo nell’insieme del dibattito in cui è inserito.

    ——

    ….continua a spaccare l’Italia (e l’Europa) perché c’è gente che, nonostante tutto, crede ancora nell’ideologia pseudo buonista e pseudo moralmente superiore della sinistra. Dove, quando e come è nata questa convinzione di superiorità? Ah si; devono averla scritta nello stesso momento in cui hanno scritto la storia alla fine della seconda guerra mondiale….e si sa che la storia la scrivono sempre i vincitori. Per come fa più comodo a loro.
    Ora che abbiamo visto che “la cultura dell’accoglienza” e successiva “integrazione” non era figlia del buonismo né della superiorità morale di chi l’ha proposta e difesa vorrei sapere dove sono cosa ne pensano coloro i quali l’hanno sempre difesa. Se non sbaglio prima di iniziare questa massiccia immigrazione gli stessi dicevano che ” i popoli vanno aiutati a casa loro migliorando le condizioni di vita”.
    Poi è arrivato il sussidio per l’accoglienza ed eccoci qua.

    Vi propongo la lettura di un discorso di Oriana Fallaci pubblicò nel 2005, quando fu insignita del Annie Taylor Award.

    ……e visto che parliamo di invasione, ditemi perché in Europa gli immigrati mussulmani materializzano così bene l’avvertimento che nel 1974 ci rivolse l’Onu e il leader algerino Boumedienne. «Presto irromperemo nell’emisfero del nord. E non vi irromperemo da amici, no. Vi irromperemo per conquistarvi. E vi conquisteremo popolando i vostri territori coi nostri figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria». Bando alle illusioni: noi italiani, francesi, tedeschi, inglesi, spagnoli, svedesi, danesi, olandesi eccetera stiamo per diventare ciò che diventarono i Comanci e gli Apache e i Cherokee e i Navajos e gli Cheyenne quando gli rubammo l’America. Stranieri in casa nostra. Anno 2016? Anno 2100? Parlando della futura dominazione mussulmana dell’Europa-Eurabia, alcuni studiosi già riferiscono a noi come ai «nativi». Agli «indigeni». Agli «aborigeni». Di questo passo finiremo anche noi dentro le Riserve come i Pellerossa.

    Concludendo riflettiamo su una frase di Dean Rusk (segretario di stato degli USA durante la presidenza Kennedy e Johnson e quindi democratico):
    “Il pacifismo serve solo a rendere l’aggressore più aggressivo”.

    1. Ciao Bruno, piacere di conoscerti e grazie per il tuo commento.
      Non sono riuscita a trovare la discussione a cui fai riferimento: posso chiederti il link per leggerla? Preferisco avere tutto il contesto per evitare di dare risposte parziali :)
      Devo ammettere che nelle tante cose che hai scritto ho perso un po’ il filo. Dimmi se rispondo in modo chiaro o non ho colto bene quello che intendevi.
      Il mio post voleva semplicemente raccontare la mia esperienza diretta di volontaria nel settore (dal 2010 collaboro a titolo gratuito con un’associazione di Roma), che mi ha permesso di conoscere molte realtà (sia sul fronte dei migranti sia su quello egli operatori) estremamente distanti dalla cronaca riportata dai giornali e dai tg. Volevo anche mettere a confronto la “mia” realtà con gli stereotipi sui migranti portati avanti da molti italiani con cui ho avuto modo di confrontarmi, e mostrare quanto queste stridano nella quotidianità.
      Non sono affatto per l’accoglienza a tutti i costi, né difendo la superiorità morale di chicchessia: mi dispiace se è passato questo concetto. In ultimo, la presenza invasiva della religione cattolica nella vita pubblica degli italiani e nei loro diritti civili mi inquieta in quanto cittadina ed agnostica, non perché paladina dei musulmani o degli appartenenti a qualsiasi altra fede religiosa.
      Semplicemente, nel mio post riflettevo sul fatto che quella che molti italiani percepiscono come un’invasione inarrestabile o come uno scontro di civiltà (Fallaci docet) presto potrebbe vederci protagonisti attivi anziché passivi, data la crescente emigrazione dei giovani italiani e la chiusura delle frontiere che molti paesi europei e non stanno operando in questi mesi. In poche parole, domani potrebbe capitare a noi. Provare ad emigrare in paesi come Australia, Canada, Nuova Zelanda, ma anche in paesi europei (è recente la notizia della volontà di una “stretta” sull’immigrazione da parte del governo inglese), sta diventando sempre più complesso. Domani emigrare potrebbe essere impossibile e costringere gli italiani “in fuga” ad una condizione di clandestinità…o di rinuncia al miglioramento del proprio status.
      Volevo chiederti, in ultimo, dove hai trovato il dato sulla presenza musulmana in Italia (parli del 90% dei musulmani fra i migranti): io ho consultato sia l’ultimo dossier di Caritas-Migrantes (file:///C:/Users/Veronica/Downloads/SINTESI%20XXIII%20Rapporto%20Immigrazione.pdf) che i dati dell’UNAR (http://www.musulmaniinitalia.it/giornata-di-studi-musulmani-in-italia-realta-e-prospettive-della-presenza-musulmana-in-italia), ma i numeri noon coincidono (si parla sì e no del 32%). A che fonte fai riferimento?
      A presto!

  4. Ciao Veronica.

    Questo è il link alla pagina di Maria Rosaria. http://ili6.wordpress.com/2014/12/07/oh-dicembre-dicembre/
    Gli argomenti trattati sul suo blog sono sicuramente più leggeri di quelli che trovo qui da te ma dipende anche dal tipo di “followers”.

    Io sono titolare di un Tour Operator e quindi ho la fortuna di viaggiare molto. Questo mi ha portato a contatto con quasi ogni civiltà presente sul nostro pianeta e quindi posso dire di avere una certa conoscenza di popoli e culture. In vari posti del mondo ho riscontrato sempre vivo il concetto di accoglienza ma non so quanto questa sia profonda. Insomma una cosa è accogliere il turista o il viaggiatore passeggero e un altra cosa è consentirgli di stabilirsi in un contesto socio-culturale non suo. Sicuramente io se dovessi andare a vivere in un paese straniero rispetterei le loro usanze anche se alcune non mi piacciono e non le capisco.
    Come potrai leggere in uno dei miei interventi nel blog di Maria Rosaria io non sono d’accordo che noi si rinunci ai nostri simboli e alla nostra tradizione perché uno o più di questi immigrati si sente offeso. Sono loro che devono integrarsi. Come ho scritto, mantengano pure la loro fede ma non pretendano che noi rendiamo la nostra più soft per evitare di offendere la loro sensibilità. E ancora, come ho sempre scritto, se andiamo avanti con le concessioni finirà che non possiamo più mangiare il prosciutto o il salame perché questi, entrando in un supermercato, potrebbero sentirsi offesi.
    Io non li costringerò mai a pregare il Dio cattolico ne a mangiare lo zampone ma loro non possono pretendere che noi si rinunci alle nostre tradizioni (e sono anche io agnostico).

    Io vivo appena fuori Catania e qui intorno hanno creato due centri di accoglienza per i migranti. Passando da fuori vedi questi ragazzi che trascorrono le giornate inutilmente. Che sono venuti a fare? Che lavoro, che garanzie gli possiamo dare se non ne abbiamo nemmeno per i nostri figli?
    Si creino prima dei seri percorsi di “riabilitazione” ( scusa per la parola che può risultare forte ma ho avuto modo di vedere dal vivo come lo stesso concetto di vita (figuriamoci gli altri) abbia tutta un altra accezione tra alcuni popoli) ad una civiltà che ha modi di fare completamente diversi da quella dei loro paesi di origine subito seguiti da altri di instradamento al lavoro e a quel punto apriamo ad un numero ragionevole di persone (sufficiente per saturare tali percorsi di formazione). Come avviene adesso, invece, è percepito proprio come una invasione e niente altro scatenando le reazioni che conosciamo.

    Bruno.

    1. Grazie Bruno, ora è più chiaro, ho letto anche il post e i commenti.
      Sulla questione delle tradizioni sono d’accordo a metà. Il Natale non è vissuto da tutti gli italiani come una festa religiosa: per alcuni lo è, per altri no. Alcuni fanno il Presepe, altri l’albero. Alcuni vanno a messa, altri giocano a carte. Personalmente credo che faccia molto più parte della tradizione italiana (ed europea in generale) la figura di Babbo Natale che quella del bambinello nella mangiatoia. Quindi giustissimo spiegare ai bambini che c’è chi crede nella nascita di Gesù o raccontare la storia dei re Magi, ma se c’è da renderli operativi su qualcosa, meglio far fare loro l’albero che il Presepe, meglio cucinare un dolce tipico che recitare le preghierine. Un conto è “narrare”, un conto è “far fare”. E secondo me qui c’entra poco la tradizione…a volte semmai il discrimine è la fede della maestra di turno, su cui potremmo aprire un capitolo lunghissimo che inizierebbe nelle scuole e arriverebbe fino ai medici obiettori sulla pillola del giorno dopo.
      Attenzione quindi a non usare la cosiddetta tradizione come pretesto per lo scontro. Che poi l’integrazione e il rispetto debbano essere reciproci, è fuori discussione (…giù le mani dal prosciutto nei supermercati! :) ).

      Detto questo, vengo alla questione dell’accoglienza, su cui in parte concordo.
      Che in Italia la disoccupazione sia dilagante e non si possa garantire accesso e lavoro a tutti è fuor di dubbio. Ma la riflessione da fare è a monte, e cioè a partire dalle modalità di transito e permanenza dei migranti in Europa, per cui chiunque arrivi su suolo italiano deve essere identificato ed eventualmente espulso o integrato necessariamente dall’Italia e in Italia. Non dimentichiamo che tantissimi migranti vorrebbero usare l’Italia solo come terra di transito, ma non possono farlo perché la legge non glielo consente.
      Io non conosco i migranti sfaccendati che vedi vicino casa, ma, ipotizzo, se sono in un centro di accoglienza, che potrebbero essere richiedenti asilo in attesa che la Commissione elabori la loro domanda. Potrebbero far parte dunque di quella grossa fetta di migranti che si trovano nel “limbo” tra accettazione e rifiuto dello status di rifugiato, non potendo nel frattempo né lavorare né fare altro. Oppure, ancora, potrebbero essere stati già dichiarati rifugiati, dunque titolari di protezione internazionale, ma essere disoccupati come tanti italiani. Se è così, hanno sicuramente un permesso di soggiorno (con cui comunque non possono uscire dall’Italia per periodi prolungati, pena la revoca di questo e dei relativi diritti) e i diritti stabiliti dalla legge (eccetto quelli di cittadinanza). A questi migranti vengono dati, di norma, gli strumenti educativi e formativi per restare qui integrandosi nella società (esattamente gli stessi che dai a un giovane disoccupato italiano a cui permetti di accedere, che so, ai corsi gratuiti della Provincia o della Regione), cioè i percorsi di “riabilitazione” ed “inserimento” che citavi. Ci sono quelli dello Sprar (ad Acquaformosa hanno funzionato alla grande) o quelli organizzati da associazioni di vario genere. A volte vanno a buon fine e riescono a trovare un’occupazione a chi ne ha beneficiato, a volte no…ma fa parte del gioco: la disoccupazione come dicevi c’è e c’è per tutti.

      Parlavi poi di regolamenti che fissino delle quote: in realtà esistono anche quelli. Ogni anno attraverso il Decreto flussi si apre l’accesso a determinate categorie di lavoratori e in un determinato numero. Il problema è che le quote vengono definite l’anno precedente a quello di riferimento, per cui al momento dell’uscita del decreto i numeri non sono aggiornati. Mettiamo che ci sia richiesta, che so, di 20 badanti in Veneto. Dal momento della pubblicazione del bando all’effettivo ingresso dei lavoratori in Italia le cose potrebbero essere cambiate, e le badanti potrebbero essere diventate 30, o, peggio, nessuna. A quel punto che succede? Che chi ha fatto domanda per entrare in Italia per fare la badante, una volta qui magari si trova a fare tutt’altro. Allo stesso modo, alcune professioni di cui si crea necessità nel corso dell’anno non vengono mai coperte, lasciando un “buco” che avrebbe potuto benissimo essere colmato.

      Capisco quindi il tuo pensiero e come ti ho già detto lo condivido anche in parte, ma la riflessione è un po’ più complessa di come spesso appare, specie in questi giorni. Che l’accoglienza sia stata e sia ancora per molti un business è vero, però non lo è per tutti, e su questo ti prego di credermi. Il problema, semmai, è trovare una soluzione condivisa a livello internazionale, a partire dagli accordi siglati in passato. Continuo a pensare che più che “rispedire al mittente” o accogliere a tutti i costi sarebbe corretto garantire la libera circolazione delle persone a livello globale…ma è solo una mia opinione.

  5. La libera circolazione livello globale probabilmente sarà consentita quando, con gli adeguati strumenti tecnologici, potremo non sono vedere sotto i vestiti ma addirittura sotto pelle e perfino dentro la mente.
    D’alta parte che motivo avrebbe uno qualsiasi di noi a nascondere oggetti e pensieri se non ne ha che stridono con le leggi di questo o di quel paese? Io personalmente non sono contrario alle telecamere piazzate ovunque (la privacy serve e viene invocata esclusivamente a convenienza) e non sarei contrario nemmeno a qualche nuovo dispositivo che potesse leggere i pensieri; almeno fino a quando si avrà la libertà di pensiero.

    Bene Leuconoe, mi piace il dibattito con te.

    Bruno.

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