(Chiedo scusa in anticipo per la banalità del post: rimando qualsiasi analisi linguistico-comunicativa approfondita a un momento in cui i miei neuroni saranno in grado di assistermi. Prendetelo come uno sfogo del mercoledì sera).
Quando ho aperto questo blog l’ho promesso a me stessa: non parlerò di politica. E fino ad oggi sono stata piuttosto brava a mantenere il punto.
Poi questo pomeriggio, non senza un certo sforzo, ho visto i dieci minuti di incontro tra Grillo e Renzi. Attacco di masochismo imperante o semplice curiosità, non so: fatto sta che l’ho fatto.
Non ho intenzione di fare un discorso di merito sulle persone o sui partiti: votare, non votare, chi votare (ma perché, si voterà?). Non mi interessa farlo soprattutto perché, in tutta onestà, il solo pensiero di rientrare in una cabina elettorale al momento mi provoca attacchi di panico violenti e ripetuti, nonché una certa sofferenza acuta dai contorni simili a una colica renale in un mondo dove non hanno ancora scoperto il Toradol. Capite bene che non sono la persona più adatta a dispensare consigli di questo genere.
Ad ogni modo, mentre sentivo Renzi e Grillo parlare (parlare?) mi è tornato in mente il video che trovate in apertura (è la parte 1/4: le altre sono nei link correlati su youtube). Lo definirei un “grande classico” che ho scoperto un paio di anni fa. Riproposto dalla Rai tempo addietro, grazie ai potenti mezzi forniti da Youtube viene ciclicamente postato in rete da utenti disperati come me quando l’inverno del nostro scontento si fa ancora più nero e gelido del solito.
Tipo oggi, insomma.
Sì, lasciate stare le temperature tropicali di questo febbraio. Era una metafora.
Un po’ di contesto: era il 1977, la trasmissione era Match. Il programma era articolato come una sfida a due, con una formula molto semplice: il primo ospite doveva rivolgere domande mirate al suo interlocutore su un argomento specifico, per poi scambiarsi con lui il ruolo e trovarsi a sua volta ad essere “interrogato” nella seconda parte della trasmissione. Ogni puntata durava un’ora.
Nel caso specifico, si parlava di giornalismo. Gli ospiti erano Indro Montanelli e Giorgio Bocca.
La si pensi come si vuole sui due protagonisti. Il fatto è che in un’ora di dibattito i due se le danno (verbalmente) di santa ragione: non si risparmiano colpi. Le domande non sono solo mirate: sono argomentate. Nessuno, rispondendo, minaccia denunce o querele. Nessuno fa cenno di alzarsi e lasciare lo studio. Si risponde con fermezza, precisione, spesso con ironia. Si incalza l’avversario, si discute, mantenendo un tono pacato e una cosa d’altri tempi: il rispetto della figura del prossimo. Ci sono le domande dal pubblico, e sono incalzanti anche quelle. Quando il presentatore, quasi in chiusura, cerca di fomentare i due antagonisti per fare in modo che alzino toni e audience, Bocca rifiuta seccamente di stare al gioco: “non sono venuto qui per far finta di litigare con Montanelli”, gli dice.
Alla fine della serata non c’è un vinto o un vincitore: lo scopo non è vincere, è argomentare. È presentare fatti e opinioni, prendere posizione. Sbugiardare l’altro, difendersi dalle accuse, perché no.
Questo, nel ’77.
Quasi quarant’anni dopo, in un tiepido pomeriggio di febbraio, autorevoli editorialisti si chiedevano dalle colonne digitali dei principali quotidiani italiani se il dibattito l’avesse vinto Renzi o Grillo. Se la battuta Esci da questo blog! fosse stata efficace o meno. Altri chiedevano ai lettori di esprimere un’opinione, un po’ come si fa dalle pagine del Corriere, dove le faccine che campeggiano accanto a ogni articolo permettono all’utente di dichiararsi virtualmente indignato. Virtualmente, eh, non sia mai.
E sui social, giù a schierarsi, nel solito tifo da stadio. Cosa si sono detti? Mah, boh. Però Grillo ha tenuto il punto. Eh no, è stato meglio Renzi, che neanche gli ha risposto. Ha fatto bene. Ha fatto male. Voi siete così, noi siamo cosà. Fascisti, comunisti. Fino al pittoresco “Democratici demmerda” (giuro, stasera ho letto anche questo).
Contenuti, zero. Quelli nessuno li ha notati, o almeno nessuno li ricorda. Non è quello che conta, al momento.
Il punto è che dopo vent’anni di slogan elettorali da televendita e dibattiti da bar, il trash ci ha travolti. Ci ha assuefatti. Non è una questione di cultura, non è solo che la politica è lo specchio dell’Italia media: lo è sempre stata, lo era anche prima. È che non si è più capaci di argomentare, non conta farlo: tutto è trasformato in marketing: conta la frase a effetto, che convinca, catturi e renda per sempre fedeli. Non interessa discutere, portare fatti, prove, opinioni: conta vincere il round, lasciare il segno. Per questo la parolaccia al momento giusto, la minaccia di querela, la battuta sprezzante contano così tanto, e per questo ogni cosa è fatta sempre in favore di telecamera.
Non so se e quando i meccanismi del sistema televisivo più becero smetteranno di massacrare qualsiasi altro campo della comunicazione. Non so se dalla trashite si può guarire. Intanto mi cullo nelle lezioni di stile del ’77: e per la macchina del tempo, giuro, mi sto attrezzando.
Ehillà! Bentornata, mitica Leu!!! Si sentiva la tua mancanza! :)
Leggendo questa tua meravigliosa riflessione, e a riguardo dell’anno citato, mi viene pure in mente che nel 1977 nacque – almeno ufficialmente – il movimento punk, che in superficie lo si poteva (e si può) considerare “trash”, ma la cui profonda energia, di matrice assolutamente socio-politica, sovvertì buona parte del mondo e della società del tempo fino ai giorni nostri, generando peraltro in gran parte il concetto contemporaneo di “ribellione”, Quella che, come dici bene tu, sorge nel constatare la realtà politica, e non solo, di oggi – anzi, mi correggo: che DOVREBBE sorgere, perché, appunto, ormai di indignarci non siamo più capaci, nemmeno un poco, così assuefatti come siamo alla spazzatura che ci ha travolti tanto da non sentirne neanche più la puzza quando pure ce l’abbiamo sotto il naso.
;)
Ciao Rota! Sì, ultimamente latito…sto portando avanti impegni un po’…ehm, pressanti, al momento, e il tempo per scrivere cose sensate è poco (non che quest’ultima pretenda di essere sensata, eh…giammai!). Sul punk cosa posso dirti…anche quello fu un fenomeno di costume (a volte creato a tavolino, come nel caso dei Sex Pistols), in effetti. Eppure, nei testi dell’epoca, di trash ne vedo poco. Scambierei volentieri i Modà con un Ruggeri dell’epoca, o una Miley Cyrus con i Ramones. Ma si sa, son gusti :) Ciao!!
I contenuti? Non contano nulla. Hai detto bene, importante è chi urla più forte. E noi ci caschiamo. La reazione giusta a quell’incontro era non parlarne, non commentarlo, disinteressarsene. Farlo fallire.
Purtroppo è una vecchia storia. Capisco anche il punto di vista dei giornali in crisi editoriale, che cercano di accaparrarsi lettori come possono. Li capisco, ma non li giustifico. E ad ogni modo, a leggere i commenti di utenti provvisti di scheda elettorale e diritto di voto, mi rendo conto che è questo che gran parte di loro vuole. Sono intristita, profondamente.
intristita mi pare poco. Comunque, fuori dalla questione, è strano vedere Montanelli che si accende tranquillamente una sigaretta in uno studio televisivo
Dico “intristita” per darmi un tono. Potessi esprimere realmente quello che penso vi farei fare la fine del monaco che confessa Gigi Proietti in “Brancaleone alle crociate”…
(Comunque sì: Sirchia ha lasciato il segno!!)
parafrasando i CCCP, “chiedi a(l) 77 se non sai come si fa”. la “L” è aggiunta, mi perdoneranno.
Uh, Lindo Ferretti pre-conversione: bei tempi! :)
Bentornata!
Secondo me non si può guarire, dalla trashite. Non a breve, almeno.
Non dirmi così, lasciami sognare!
Montanelli è un genio. La tivù ormai ha poco programmi dove la gente ha tempo di parlare. In Olanda hanno sperimentato con un nuovo canale televisivo con solo interviste a lunge, ma non funzionava…. I programmi più popolari, sono quelli veloce, dove hanno 5 minuti a parlare. Ma allora non si tocca niente di profondo. E come può ci può essere un analisi allora? Lasciamo perdere.
Ciao Lotje! Capisco quello che intendi, però è anche vero che se i programmi tv proponessero qualcosa di meno superficiale il pubblico si abituerebbe a un certo tipo di analisi e di ascolto. Non so…secondo me è tutta questione di “educazione”: il problema semmai è la volontà di educare i telespettatori.
è vero. I canali pubblici/ statali dovranno assumersi questa responsabilità. Il BBC è un buon esempio che sta facendo veramente bene in questo rispetto. Ma loro hanno anche telespettatori in tutto il mondo.
roba che Porro e Telese sono considerati due altissimi rappresentanti del giornalismo contemporaneo. che amarezza!
Uh, se è per questo anche Parenzo e Cruciani! :)
Giletti e Paragone. E sto. Anche se credo di aver sforato!
Effettivamente Giletti (nonostante l’intervista a Berlusconi che per mezza giornata lo consacrò eroe nazionale) vince su tutti. Certo, forse a parità di conduzione televisiva Fazio se la batte (ricordo ancora con tenerezza i due decimi di secondo netti che impiegò a dissociarsi da Travaglio che aveva appena insultato Schifani a Che tempo che fa), ma non continuiamo a scavare: temo che sarebbe difficile arrivare al fondo :D
Schifani=Muffa
Aspetta, aspetta, mica puoi lanciare queste bombe così: se è una citazione, ok, ma se è un parere devo necessariamente dissociarmi (Fazio docet).
Dunque, cari miei quattro lettori, sappiate che mi dissocio dal commento di cui sopra. Inoltre, credetemi, non è il caso di farmi causa: sono una giovane italiana e come tale incapace di far fronte alle eventuali spese legali.
:)
Bello, brava Leuconoe, affatto banale invece. Ad oggi vedo solamente un dialogo tra Gad Lerner e Lilli Gruber all’altezza. Guarda che meraviglia questo video del 77: rispetto delle pause di un dialogo civile, intelligenza, pubblico silente senza cartelli “applausi” e “ridete”, senza interventi da borgatari.
Grazie! Su Lerner concordo, mentre la Gruber mi lascia ancora un po’ perplessa. Augias è l’unico che mi viene in mente, ma è indubbiamente un signore d’altri tempi :)
Facciamo allora un Minoli ?
Già meglio :)